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Marco Pini, Consulente SEO e UX Designer

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Intervista a Massimo Vichi sul marketing ed il mestiere del digital strategist

20 Ottobre 2018 - Marco Pini

Che cosa fa un Digital Strategist?Molto volentieri intervisto l’amico e collega Massimo Vichi professionista Freelance, consulente digital strategist e formatore senior in ambito web dal lontano 1997. Massimo è il Digital Strategist di Lander Project, Agenzia Creativa, e Presidente e fondatore di Formark, associazione culturale con sede a Firenze (di cui ho l’onore di essere co-fondatore insieme a Massimo e a Federico Gagliarde) che si occupa dello sviluppo della cultura digitale e di formazione in ambito marketing.

1) Come prima cosa ci spieghi in termini comprensibili a tutti cosa fa un digital strategist?

Ancora devo scoprirlo….

A parte la battuta il Digital Stategist si occupa di identificare in un progetto web [sito, e-commerce ecc.] i bisogni, definire gli obiettivi e scegliere gli strumenti per raggiungerli determinando (quando possibile) il budget necessario e valutando quali risultati si possono raggiungere a breve, medio e lungo periodo.

Andando sul concreto e raccontando la mia esperienza diretta tramite alcune case history, ad esempio nel caso di un lancio di una nuova attività ho coordinato i creativi che hanno pensato al logo, contribuito alla strutturazione del sito web, della presenza sui social e dell’utilizzo degli strumenti promozionali, valutando con l’azienda budget e risultati attesi.

In realtà ogni progetto ha situazioni diverse che richiedono modalità di gestione diverse.

E’ un lavoro molto flessibile, a volte si pianificano solo gli investimenti pubblicitari sul web, altre si partecipa alla creazione del brand.

2) Sei uno dei professionisti con cui ho il piacere di lavorare che ha più esperienza nel web, mi diresti le tre principali differenze nel nostro lavoro rispetto a quando hai iniziato?

Oggi è tutto molto più facile e disponibile.

Le connessioni ADSL sono la norma ed il Wi-Fi è quasi ovunque. Quanto ho iniziato la linea internet aveva costi altissimi e prestazioni che oggi suonano come “ridicole”.

I computer costavano molto ed era quindi necessario investire molto più tempo e denaro.

Non c’era Google questo mi fa sentire vecchio visto che sono arrivato sul web prima io.

Ebbene si, il primo motore di ricerca NON è stato Google. Ricordo di aver usato per vari anni AltaVista, motore di ricerca fondato nel 1995, acquistato poi da Yahoo nei primi anni del 2000, gli albori della rete come la conosciamo adesso, ndr.

Il problema è che non era facile reperire le informazioni che oggi sono invece disponibili, a volte anche senza troppi controlli e verifiche, e questo non è detto che sia Massimo Vichi a un corso di formazione Formarkuna differenza positiva purtroppo, senza entrare nello specifico della fake news.

Non c’erano i Social Network, si comunicava via web solo tramite e-mail, chat e i primi sistemi di instant message ed il mobile non si era ancora affermato come strumento digitale, il telefonino si usava solo per telefonare e per gli sms.

Hai ragione Massimo. Mi fai anche venire in mente che tante cose che oggi ci sembrano “innovative” e straordinarie in realtà già erano state create, per esempio mIRC, un software per chattare ma che ha anticipato tante “novità odierne” (sistemi automatici di bot per rispondere automaticamente, faccine colorate, sistemi molto simili ai moderni hashtag, community con netiquette ben precise da rispettare e veri e propri community manager) mIRC è un software creato da Khaled Mardam-Bey nel 1995 [ndr]

3) Che consigli daresti ad un imprenditore che vuole affidare il suo web marketing ad un professionista esterno? Come può valutare secondo te le competenze e l’esperienza in un settore “molto fluido come il nostro”?

Posso citare il nostro collega e amico Alessandro Mazzù? “Il professionista bravo al primo appuntamento ascolta molto e parla poco”.

Personalmente diffiderei di chi si presenta già con preventivi standard e con certezze assolute sulle strategie di web marketing.

Perché oggi non si può prescindere dalla strategia.

Un imprenditore che pensa di andare on-line chiedendo solo il preventivo per un sito internet è indietro di almeno 15 anni rispetto alla situazione attuale.

Mi spiace dirlo anche alcuni pseudo-colleghi lo sono quando propongono soluzioni del tipo “3 pagine a 200 euro” dimenticando che non vendiamo patate “un tanto al kg” ma dovremmo vendere strumenti di marketing.

Diffiderei anche dei consulenti tuttologi, oggi il web è molto fluido e sono necessarie competenze e professionalità specifiche.

4) Che consigli daresti ad un ragazzo (o ad una ragazza) di vent’anni che vuole intraprendere una professione nel web?

La risposta potrebbe sembrare una contraddizione rispetto alla risposta data precedentemente in cui parlavo di professionalità specifiche perché il consiglio che darei sarebbe quello di evitare la iper-specializzaione.

Per prima cosa non dimenticare mai che il web marketing si scrive separato, sono due parole ed una di queste è “marketing”.

Partirei dalle basi del marketing, ovviamente approfondendole in base all’obiettivo professionale che si intende raggiungere, un programmatore potrà avere conoscenza meno “profonde” rispetto a chi aspira ad essere un social media manager.

Punterei quindi sui concetti generali e non sullo strumento.

Imparare a gestire la comunicazione social e non solo Facebook od instagram, imparare come si costruisce un sito internet e non solo l’utilizzo di WordPress.

Ultimo ma fondamentale consiglio è quello di studiare sempre, frequentare tutti gli eventi del settore per confrontarsi con colleghi, magari più esperti.

Chi si sente Social Media Manager perché ha scritto 4 post su Facebook secondo me farà poca strada.

Considerare anche l’aspetto economico e destinare una buona parte del proprio fatturato alla formazione, e anche per questo abbiamo fondato Formark per dare formazione di alta qualità in ambito web marketing e digitale ed invitare a Firenze tanti bravi professionisti del digital marketing.

5) Si parla tanto in questo periodo di scarsa cultura digitale, di poca attenzione alla privacy e addirittura del fatto che circa il 33% degli utenti su Instagram e su Facebook non siano in grado di riconoscere quando si trovano davanti una inserzione pubblicitaria…. che ne pensi?

Quando ho iniziato ad occuparmi di informatica si parlava di analfabetismo informatico facendo riferimento a chi non conosceva e non usava gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, e in quella fase ci si riferiva a Word, Excel, ecc.

Ma chi non usava questi strumenti o non li sapeva usare era consapevole della situazione.

Oggi credo che siamo davanti ad un fenomeno ancora più pericoloso, l’analfabetismo digitale che non è però la non conoscenza dallo strumento ma l’incapacità di usarlo nel modo giusto.

Penso alle migliaia di condivisioni di post social palesemente falsi che vengono condivisi senza nemmeno leggere o porsi domande. Eppure oggi volendo le informazioni sono disponibili, magari non tutte, magari non tutte corrette ma verificare che nessun cugino di secondo grado è stato nominato portaborse del politico di turno con stipendio faraonico è possibile.

Magari se la foto del fortunato somiglia in modo impressionante al chitarrista di un famoso gruppo rock è ancora più facile. C’è una superficialità nelle azioni social incredibile, è notizia di pochi giorni fa che una dipendente di un noto hotel veneziano è stata licenziata per aver espresso on-line parere antisemiti molto forti.

Sembra che nessuno si ponga il problema delle conseguenze delle proprie azioni on-line come se si potesse distinguere “l’io digitale” e “l’io reale”.

Senza poi parlare dei fenomeni di bullismo digitale, che meriterebbe ore e ore di discussione.

6) A volte capita di imbattersi in advertising molto “aggressivo”, volgare o che propone “l’incredibile offerta che scade in 24 ore con uno sconto formidabile del 93%”. O “i 3 segreti che nessuno di ha mai rivelato per diventare ricco”. Come giudichi questo modo di fare marketing e comunicazione?

Non condivido questo modo di fare marketing, lo trovo poco rispettoso del cliente e dell’intelligenza delle persone.

Non basta la risposta “funziona” per giustificalo. [se ti riconosci in queste affermazioni ti consiglio di leggere il manifesto di Formark , ndr]

Altrimenti dovremmo considerare valido il marketing di chi in tv vendeva (e qualcuno vende ancora) candele che curano dai tumori, amuleti che salvano la vita ai propri cari, diamanti a 99,99 euro, ecc.

Ci sono brand famosi, diventati anche oggetto della satira che ogni settimana propongono la super-offerta “solo fino a domenica” e la cosa si ripete in maniera continuativa.

Non condivido questo modo di fare marketing e mi è capitato di consigliare qualche cliente di non utilizzare queste tecniche arrivando anche a rinunciare all’incarico.

Esiste un concetto “etico” del valore del prodotto e del servizio.

Un servizio non può essere venduto a 50 euro affermando un valore reale di 1000 euro. C’è qualcosa che non torna.

Se il tuo prodotto vale 1000 e per venderlo sei “costretto” a proporlo a 50 vedo solo due motivazioni: o non vale 1000 o se vale 1000 fai un marketing che non è in grado di far comprendere nemmeno lontanamente i vantaggi.

In entrambi i casi farei una valutazione approfondita della situazione.

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Filed Under: Blog, SEO e Web Marketing

About Marco Pini

Vivo a Firenze e dal 1998 aiuto aziende, associazioni, enti e professionisti a creare e migliorare la loro immagine sul web. Mi piace fare formazione e scrivere su tematiche inerenti la UX, la SEO e l'educazione al digitale o dare qualche consiglio ai webmaster. Per questo ho deciso qualche anno fa, di creare questo blog.
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